Disciplina
Disciplinare l’espressione creativa è un po’ come avere a che fare con un bambino che piange in continuazione e che va cullato giorno e notte, senza potersi mai sedere a riposare.
Noto una certa sovrapposizione tra questa “educazione delle idee” e la mia indole bambina. Lacrime a colazione, pranzo e cena: chi mi ha visto sorridere nei miei primi dodici anni di vita ha sicuramente assistito ad una specie di miracolo.
Quando mi scontro con la messa in pratica dei pensieri mi trovo in braccio un neonato che strilla, con il volto molto simile al mio e con un tremolio nelle labbra che lo fa sembrare in procinto di frantumarsi in mille pezzi piccoli piccoli sul pavimento.
“Un passo molto lungo può portare incredibilmente lontano”, ho segnato nelle note della mia agenda.
Così, ogni volta che rivedo quelle labbra ballerine diventare nitide ai miei occhi, mi viene spontaneo allungare le gambe il più possibile, come per cimentarmi in un profondo e avvolgente Sbircia Sbircia.
Danzo io e danzano, con me, le idee.
Non saprei dire se ora strillano o piangono, perché la musica è soffice e non si può far altro che assorbirla fin nelle ossa.
Disciplina, quindi, più sportiva che da lavagna e gessetti; all’espressione creativa bisogna insegnare a ballare.
Lacrime e sassofono, lacrime e pianoforte; lacrime, urla e passi sulle punte.
Sbagliare è concesso, purché dall’errore, poi, qualcosa si impari.
Nel mio studio mi dedico quotidianamente a questo difficile insegnamento: in cattedra ci sono io, si, ma con il muso da bambina.
Strilla Livia e strilla l’idea; la prima le insegna a ballare e la seconda la invita ad allungare un altro po’ le gambe.
D’altronde, un passo molto lungo può portare incredibilmente lontano.


